Il centrosinistra prepara il referendum abrogativo
Basta strapotere del Governatore
L'aula boccia l'elezione diretta: sulle schede solo l'indicazione del nome del presidente
Trieste I suoi destini sono ancora appesi al referendum popolare. Quel referendum che l'aspirante leader del centrosinistra Riccardo Illy minaccia da mesi. Ma la legge elettorale, che tra un anno deve portare al voto il Friuli Venezia Giulia, vince alla grande la prima battaglia. Quella di Palazzo.
L'aula regionale, dopo mesi e mesi di frizioni e tiraemolla estenuanti, si converte infatti a larghissima maggioranza ad un presidenzialismo "dimezzato". È in serata che arriva il niet definitivo all'elezione diretta: sul tabellone luminoso appaiono 41 sì e appena 17 no. Il centrodestra vota compatto: non manca nessuno all'appello. I cinque voti in più, in bilico sino all'ultimo, arrivano dai fronti più disparati: a dar man forte alla Casa delle Libertà ci sono i "liberi pensatori" Roberto De Gioia e Roberto Visintin, l'autonomista Giorgio Pozzo e soprattutto i rifondatori Gianluigi Pegolo e Roberto Antonaz.
«È fatta» esulta il centrista Roberto Molinaro. Uno dei supporter della prima ora. «Che soddisfazione» conferma il presidente forzista Renzo Tondo(nella foto).Uno dei convertiti. È il numero a fare la felicità: la legge appena approvata resta appesa al voto popolare. Ma adesso, grazie a quei 41 voti conquistati a suon di trattative, promesse e piccoli mercati, gli oppositori devono raccogliere almeno 36.800 firme. Tante, tantissime.
Il d-day, che sancisce l'altolà allo strapotere del governatore, pur indicando sulla scheda il nome del futuro presidente, inizia di buon'ora. Sono una decina gli articoli che mancano al traguardo finale: la maggioranza, mentre cerca di allargare il consenso a suon di incontri "riservati", vuole fare in fretta.
Chiudere una partita che, si arrivasse al referendum, porrebbe la presidenzialista An in serio imbarazzo. E così approva rapidamente un pacchetto di norme sulle pari opportunità in politica che assicura, tra l'altro, 1.500 euro in più al mese per ogni donna presente in un gruppo consiliare. Poi, nel pomeriggio, affronta le norme clou sulla soglia di sbarramento e sul premio di maggioranza. Ebbene, accogliendo l'istanza di Rifondazione, la Casa delle Libertà accetta di ridurre la soglia al 4%. Il premio non viene toccato, ma non serve: i comunisti sono agganciati.
Afferma Gianluigi Pegolo: «Non saremo complici del Tatarellum». Quel Tatarellum che, se il referendum affondasse la legge appena votata, entrerebbe automaticamente in vigore. Si spinge oltre, il rifondatore: «Sosteremmo per coerenza l'attuale norma anche nelle piazze».
Intanto, prima della "liberazione", c'è ancora un passaggio da espletare: la questione degli emigranti. La maggioranza propone, e l'aula accoglie, una norma che sancisce il voto per corrispondenza.
«Norma spot» tuona l'opposizione. «Norma di principio. Finché le disposizioni nazionali non diventano operative, non è possibile fare altro. Ma già si stabilisce che l'emigrante voti nella circoscrizione che comprende il comune in cui è iscritto all'Aire» replica il centrodestra.
È l'ultima, piccola, polemica. Poi, dopo le dichiarazioni di voto, si va finalmente al verdetto. Il centrodestra, che pure sulla legge si è diviso, canta vittoria. Ma il centrosinistra, pur perdendo Rifondazione, attacca e medita la rivincita. Nelle piazze.
R.G.