I tredici mesi al Cairo della Bonino, tra lezioni di arabo e i processi agli oppositori di Mubarak. «Un attacco a Saddam non infiammerà le piazze in Egitto e nei Paesi vicini»
«I musulmani moderati non sono una soluzione per il futuro del Medio Oriente». «Al Jazira? Una tv estremista»
DAL NOSTRO INVIATO
IL CAIRO - Sono tredici mesi che l'eurodeputato Emma Bonino non abita più a Trastevere. Fa la pendolare dal Cairo a Bruxelles («volo Egypt Air, dove si può ancora fumare»). Vive a Zamalek, sull'isola circondata dal Nilo, nella zona più «occidentale» della città. Il portiere la chiama «Bonina». Un palazzo grigio di dieci piani, vista strada. Scale sporche, pianerottolo buio, campanello che non funziona. «L'ho detto al padrone: puliamo un po'. Mi ha risposto: scherza, lei è l'unica inquilina pagante».
Il fatto che qui «nessuno paga l'affitto» l'ha colpita molto. Anche i ricchi egiziani non pagano: «Le famiglie più influenti, come i Boutros Ghali (l'ex Segretario Onu, ndr), pagano dieci dollari al mese. Gli altri niente». E allora? «Fa parte di una tecnica molto sofisticata per controllare i cittadini. Se tutti non pagano l'affitto, tutti sono in qualche modo perseguibili. E i mezzi cittadini hanno mezzi diritti».
La «Bonina» paga 500 dollari per 100 metri quadri. In cucina, sul tagliere, c'è un salame nostrano. Tra le poche concessioni alla cucina locale c'è il vino bianco egiziano, etichetta Ptolomée. «Quando sono da sola mi faccio una pasta». E quando c'è qualcuno? «Faccio una pasta».
In un salottino c'è una televisione anni '60, sopra un mobile in stile «frutto di un trasloco dalla Commissione Europea». Ogni sera quando è a casa, l'ex Commissaria agli aiuti umanitari dell'Ue, l'ex leader radicale di quella Lista Bonino che alle elezioni del '99 divenne il quarto partito italiano con il 9,2% dei voti, si siede sul divano e guarda per un'ora la tv «Al Jazira». Sta studiando l'arabo. Al mattino cartella («colpo di giovinezza») e via al British Council , pomeriggio con Sarwa, l'insegnante a domicilio, alla sera tv. «Al Jazira» la spaventa: «Da un anno è sempre di più il megafono di Bin Laden. Ha avuto una svolta estremista, nazionalista. E le altre tv arabe, a ruota».
Esempio? «Un giorno ho registrato un'intervista a Javier Solana (responsabile della politica estera dell'Ue, ndr). Per un problema tecnico, non c'era il doppiaggio in arabo. C'erano i sottotitoli, chiaramente distorti in modo da presentare un Solana bellicoso contro gli arabi, lui che farebbe la pace pure col diavolo».
Scontro di civiltà? «Nessuno. Come dice il mio amico Saad Ibrahim, c'è uno scontro tra sistemi politici. Tra Paesi democratici e Paesi che non lo sono. Punto». E l'Islam? «Io non studio l'Islam». Eppure l'Islam moderato sembra una delle chiavi per sconfiggere l'estremismo. «Il mio amico Hisham Kassem, editore del Cairo Times , non crede a questa distinzione. Sono d'accordo. Gli islamici moderati mi ricordano i nostri "cattolici del dissenso", gli indipendenti di sinistra: una sciagura. Perché a me non me ne fotte se la religione è moderata o no. A me interessa che quel che è peccato non dev'essere reato, altrimenti la coesistenza dei cittadini è impossibile». Ma questo non significa imporre un modello occidentale? «Non è proprio così, perché per esempio nell'Egitto di Nasser era chiarissima la separazione tra Stato e religione. Semmai, in Egitto, tutto comincia con Sadat, che pensò di utilizzare l'Islam per conservare meglio il potere».
Non c'è niente dell'Islam che l'abbia stupita positivamente. «Quando per esempio ti spiegano che "l'Islam è amico delle donne", poi l'unica cosa che ti sanno dire è che la moglie di Maometto andava in guerra. Scusate, ma questo succedeva più di mille anni fa». Meglio il cristianesimo? «Anche il cattolicesimo non è che si sprecasse molto per le donne. Non faccio molta differenza fra l'uno e l'altro, applicati alla politica. Sono entrambi anticamere dell'intolleranza».
Bonino è venuta al Cairo nell'aprile 2000, con Gigi Melega, incuriosita dal processo a Nawal el Saadawi, la più famosa femminista egiziana. «E qui leggo di un altro processo, a questo Saad Ibrahim, in galera per aver infangato l'Egitto denunciando brogli elettorali. Conosco la moglie. Mi scatta qualcosa. A 300 chilometri da noi c'è una realtà così. Poi le regionali che vanno una chiavica, la campagna elettorale 2001, Berlusconi che mi dice più o meno che lui è il re sole e gli altri devono girare intorno a lui, il risultato che è una doppia chiavica. Ho pianto tutto quel che devo piangere. Ho cominciato a studiare l'arabo a Roma. Poi ho pensato che avevo bisogno di uno stacco». I colleghi le consigliano di fare la visitor professor all'Oxford Institute, lei sceglie Il Cairo: «Come parlamentare europea il miglior contributo che posso dare è capire e attirare l'attenzione sulla "frontiera" sud, che sarà il nostro futuro».
I suoi amici sono laici, cosmopoliti, bevono birra Stella al ristorante greco. C'è chi porta il velo come Mona, la ginecologa con cui ha lanciato la campagna contro le mutilazioni genitali femminili in otto Paesi tra cui l'Egitto. C'è lo scrittore Ali Salem, messo all'indice perché un suo libro è stato tradotto in Israele. C'è Hisham, del Cairo Times : se gli chiedi dell'esplosione delle masse arabe nel caso di un attacco all'Iraq, ti risponde in inglese che sarà l'esplosione di una «fart». «Che cosa? - interviene Emma - «Ah, un peto. Giusto. I governanti arabi sventolano lo spauracchio delle proteste di piazza. In realtà hanno paura che anche i loro regimi possano cadere come birilli». Per esempio? «La Siria: se parte Saddam, Damasco rimane senza bilancio: oggi vive smerciando il petrolio iracheno». Sulla guerra, Bonino dice che «è molto importante che la decisione passi per l'Onu». Intervento armato? «Fin dall'inizio non ci ho creduto molto. Perché non sarebbe una guerra solo dall'alto. E l'idea dei body bags con i cadaveri dei marines che tornano in patria, beh, non so quanto possa essere accettabile dagli americani».
Saddam? «Spero sia tolto di mezzo. Lo scrivono anche i giornali egiziani: il mondo senza di lui sarebbe migliore». Prospettive? «La situazione è fluida: la Francia si è avvicinata agli Usa, la scoperta delle testate è innegabile, c'è molto movimento negli Stati arabi e non certo in favore di Saddam».
Fetta di salame, bicchiere di Ptolomée. Dopo, c'è una festa a casa di Saad Ibrahim. L'hanno liberato a dicembre. Tra qualche giorno gli rifanno il processo, per la terza volta. La Bonino sarà in aula. Stasera Saad vuole ringraziare gli amici. Emma tira fuori dall'armadio un golfino per l'occasione. Scuro, con dei profili colorati. Ah, finalmente qualcosa di arabo. «Macché arabo, è un regalo dei montagnard vietnamiti, quelli che combatterono con gli Stati Uniti contro i vietcong».
Michele Farina