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Pannella: «Riforme, solito imbroglio dei Poli»

Testo: 

ROMA ? Da Strasburgo, Marco Pannella (nella foto grande) osserva sconfortato l'avvio del dibattito sulle riforme e non si fa illusioni. «Tutto passa ? dice ? per gli interessi di bottega dei partiti e i partiti sono cellule tumorali che prima o poi fanno irreversibilmente ammalare ogni sistema istituzionale». Un minimo di dialogo tra i Poli, però, c'è.
«Un dialogo? Mi sembra la solita rissa, e non c'è da attendersi nulla di buono».
Perché?
«Perché, come sempre, quando non ci sono convinzioni ma semplici convenienze possono nascere solo mostriciattoli o controriforme».
Troppi interessi particolari?
«Vedo solo bassi interessi di bottega, di cosca o di etnia politica che vengono mascherati con modeste proposte di ingegneria, o meglio, di geometria costituzionale».
Berlusconi, però, le riforme dice di volerle davvero...
«La parabola di Berlusconi è questa: è sceso in campo per difendere i propri interessi, si è poi convinto di poter davvero rivoluzionare il Paese e infine si è integrato nel sistema partitocratico che avrebbe invece dovuto abbattere».
Nessuna speranza, dunque?
«Poche speranze. Chissà, forse potremmo avviare qualche intesa su singole riforme, ma più che con Berlusconi, con Bossi (nella foto sotto il titolo) e Tremonti».
E con l'Ulivo?
«Mah, l'Ulivo... Non si sa neanche con chi parlare... Sono allo sbando e a livello sociale si sono ridotti ad un ammasso di frattaglie».
Voi radicali siete rimasti i soli a parlare di presidenzialismo...
«Noi radicali siamo i soli a parlare di liberalismo, che è qualcosa di più. Vede, purtroppo in Italia regna ancora quel fascismo democratico che si fonda su tutto quel che è espressione diretta della sfera statuale: i partiti, i sindacati, le corporazioni, le chiese... Tutto, insomma, tranne l'individuo e i suoi diritti».
...che invece rappresentano l'architrave dei sistemi anglosassoni.
«Appunto. E' per questo che noi radicali continuiamo a batterci per una vera riforma all'americana che metta l'individuo e le sue responsabilità al centro del sistema».
E' il principio dell'elezione diretta.
«Certo. Negli Stati Uniti tutti sono eletti, col sistema uninominale, in quanto individui: il pubblico ministero, i consiglieri di quartiere, i deputati, i senatori, il presidente... E ciascuno di loro rappresenta un vero contropotere».
Da noi, invece, si guarda spesso al modello americano come ad una forma di plebiscitarismo.
«Roba da manicomio. Se c'è un potere ben bilanciato è proprio quello del presidente degli Stati Uniti: basti pensare al ruolo del Senato, a quello dei governatori e, lo ripeto, al peso politico di ogni singolo eletto. E il bello è che gli italiani l'hanno capito perfettamente, a non darsene per intesi sono solo partiti».
Si riferisce ai sondaggi?
«Sì, da cui risulta che più del settanta per cento dei cittadini vuole il presidenzialismo e tra questi, per capirci, c'è anche il 63 per cento degli elettori di Rifondazione comunista».
In Italia, le riforme si sono sempre fatte grazie a pressioni esterne al Palazzo: avete in mente una nuova campagna referendaria?
«Vede, negli ultimi quindici anni abbiamo proposto una serie di referendum che però la Corte costituzionale prima e il Parlamento poi hanno quasi sempre vanificato. La nostra battaglia, naturalmente, continua, ma contrapporre la legalità a uno Stato sistematicamente fuorilegge è missione non facile».

Andrea Cangini

Data: 
Venerdì, 10 January, 2003
Autore: 
Fonte: 
IL RESTO DEL CARLINO
Stampa e regime: 
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