NEW YORK - «Addio, compagni di strada» annuncia sul quotidiano Washington Post il saggista Christopher Hitchens. Addio al movimento pacifista americano contro la guerra in Iraq. In nome dei diritti civili del popolo curdo, e nella speranza che la democrazia si diffonda finalmente in Medio Oriente, Hitchens si dimette da editorialista del settimanale The Nation , da oltre un secolo guida della sinistra americana: «Se i terroristi vogliono diventare martiri, ok, diamo loro una mano». La discussione lacera gli eredi della contestazione che fermò la guerra in Vietnam, divide Hollywood, riscalda i party di Natale. Contro l'invasione dell'Iraq progettata dal presidente George Bush si schierano gli attori Paul Newman, Tim Robbins, Lou Grant e Marisa Tomei. I registi Oliver Stone e Michael Moore. Il linguista Noam Chomsky e gli scrittori Gore Vidal e Norman Mailer. Migliaia di pacifisti sfilano a San Francisco e organizzano una marcia per gennaio. Ma il manifesto di Hitchens rivela la frattura nascosta: il movimento per la pace non decolla, perché il mondo del 2002 è lontano dalle risaie di Guerra Fredda, 1968.
Hitchens, con le sue accuse contro Henry Kissinger, ha costretto l'ex segretario di Stato a dimettersi dalla commissione di inchiesta sull'11 settembre. E' un progressista convinto, ma denuncia l'ipocrisia degli oppositori di Bush: «Vanno a braccetto con Saddam e le sue torture, Chomsky ha difeso la dittatura di Milosevic, Mailer dice di non vedere differenze tra i caduti dell'11 settembre e le vittime di un incidente stradale, Vidal crede che dietro l'attacco ci sia lo zampino della Cia».
La polemica in corso negli Stati Uniti anticipa quella che dilanierà ferocemente, in caso di guerra, la sinistra europea. Il filosofo Michael Walzer, sulla rivista Dissent , si chiede «Esiste ancora una sinistra decente?». Vale a dire capace di indignarsi sempre per la violazione dei diritti civili di una minoranza, anche se dimenticata come i curdi gasati a migliaia da Saddam. O la sinistra intellettuale protesta solo contro le democrazie? La divisione è nata con la Bosnia, quando il massacro degli innocenti nel silenzio della cultura progressista ha portato molte coscienze a accettare i blitz Nato nei Balcani come un male minore. Così la sinistra di D'Alema, Fischer, Schroeder e Blair si schierò con Bill Clinton contro Slobodan Milosevic.
E' diverso il caso di Saddam? Qualcuno cerca ancora una mediazione, Walzer propone di aspettare l'Onu e l'Europa, il filosofo Michael Ignatieff si dice incerto, ma tra Capodanno e il Mercoledì delle Ceneri 2003 le attese cadranno e occorrerà schierarsi. Hitchens propone alla sinistra di essere combattiva, di non lasciare ai conservatori il primato della difesa dei diritti civili, di non cadere nella trappola «no alla guerra per il petrolio» dimenticando le speranze di libertà degli iracheni. I repubblicani di Bush sono persuasi che dalla spallata a Saddam Hussein nasceranno un Iraq meno oppressivo, una Siria e un'Arabia Saudita meno corrotte e sarà finalmente possibile mediare tra Israele e i palestinesi una pace giusta. Qual è invece il piano della sinistra? Difendere uno status quo dove trionfa l'oppressione? Se ci sarà un macello casa per casa a Bagdad, con migliaia di vittime civili e americane, rivedremo in piazza i pacifisti. Ma se la guerra sarà breve, come in Kosovo e in Afghanistan, e Saddam farà scempio degli oppositori, allora il manifesto di Hitchens diventerà cruciale per le sinistre, ovunque nel mondo.
E' ora di deporre i sensi di colpa sull'imperialismo remoto e di darsi da fare, anche con la forza, quando i diritti civili sono conculcati? Dopotutto i campus universitari del sud razzista furono aperti agli studenti neri dalle baionette della Guardia Nazionale Usa, non dai fiori. Incerta, The Nation interpella il decano della sinistra europea, Jurgen Habermas: che difende però la guerra in Kosovo e non solleva il vessillo pacifista, chiedendo piuttosto una coalizione con Onu ed Ue. Sta forse nascendo una nuova sinistra, conscia, come il presidente ceco Vaclav Havel, che la ragione senza la forza è inane e che non ci sarà giustizia nel mondo senza coraggio e voglia di battersi, seppellite le vergogne tardostaliniste, per i propri ideali di pace.
di GIANNI RIOTTA