Fare entrare Israele nella unione Europea. Saranno come al solito i radicali del partito transnazionale a prendere in mano e per mano la diplomazia internazionale e medio orientale nel titanico tentativo di dare uno sbocco all'attuale conflitto permanente e strisciante.
Marco Pannella in questi giorni andrà infatti a Gerusalemme per tenere una serie di incontri politico-istituzionali e di iniziative per coinvolgere la classe dirigente e l'opinione pubblica israeliana sulla proposta radicale di ingresso di Israele nell'Unione Europea. Una sorta di missione impossibile. Per spiegare gli obiettivi della propria missione, Pannella ha citato le parole pronunciate del re giordano Abdullah davanti al Parlamento Europeo. Abdullah II nei giorni scorsi citando a sua volta Jean Monet aveva ricordato che il problema medio-orientale non è quello degli stati ma quello delle persone.
E anche per Pannella "in qualsiasi luogo un tentativo di riforma è quello dei diritti degli individui, della persona, della democrazia". Pertanto "l'operazione ingresso di Israele nell'Ue va spiegata come urgenza e come risposta ai pacifismi che stanno distruggendo quell'area". "Vado in Israele - ha affermato Pannella - per spiegare che anche là è necessario difendere il principio della legalità", poiché l'attuale politica di autodifesa "è debole ed è destinata a costare sempre di più con dei rischi sempre più gravi". Per lo storico leader radicale "la realtà israeliana deve costruire la leva per la rivoluzione democratica del medio-oriente, per la liberazione dei cittadini mediorientali dalle dittature politiche, finanziarie, feudali, fondamentaliste, terroriste", e per l'emancipazione dai "capitalismi di stato che si difendono attraverso il prevalere di burocrazie alleate al fondamentalismo contro la libertà e contro la democrazia".
Il Partito Radicale Transnazionale in relazione a questa campagna per fare entrare Israele nella Ue ha raccolto l'adesione di 43 membri del Parlamento Europeo. E proprio Marco Pannella, che di quel Parlamento Europeo è deputato, ha invitato i quasi 4.000 aderenti all'iniziativa "Israele nell'Unione Europea", in particolare i 1.200 sostenitori israeliani, ad un incontro-conferenza che si terrà domenica 16 giugno 2002 alle ore 17.30 al King David Hotel di Gerusalemme. Fra gli altri saranno presenti alcuni membri della Knesset come Yossi Paritzy e Moodi Sandberg (Shinui), Colette Avital (Labor), già Ministro degli Esteri del Governo israeliano. A proposito della possibile pace tra Israele e gli stati arabi lo scorso 12 giugno davanti al parlamento europeo si erano anche sentite parole incredibilmente ragionevoli da parte del re giordano Abdullah II.
"La nostra è una battaglia per il futuro, una battaglia in cui ciascuna mano conta - ha detto il sovrano hascemita - ciò significa sviluppo, vero dialogo, e cooperazione, soprattutto, significa parlare chiaramente e rigorosamente dei principi per cui lottiamo: democrazia, libertà, rispetto della diversità, rispetto dell'individuo e della cultura che rappresenta. La nostra seconda sfida è aprire le porte alla prosperità e alla speranza, per tutti i popoli, perché anche i nostri giovani vogliono fare parte del XXI secolo". Abdullah ha parlato a lungo anche del conflitto mediorientale ed ha invitato l'Europa ad assumere la leadership nella soluzione del conflitto. La Giordania senza ambiguità ha fatto un appello per una "pace vera" fra Israele e il mondo arabo. A partire dall'educazione culturale delle giovani masse arabe, finora allevate nell'odio dell'ebreo.
"E' tempo di pace vera - ha affermato il re - e occorre porre fine subito al conflitto", magari sulla base del piano di pace approvato dal recente vertice arabo di Beirut. Tale piano prevede il riconoscimento di Israele entro frontiere sicure e riconosciute da parte di tutto il mondo arabo in cambio della proclamazione di uno stato palestinese a Gaza e in Cisgiordania, che abbia per capitale Gerusalemme Est. Adesso la missione diplomatica di Pannella potrebbe convincere anche gli israeliani a crederci e soprattutto a fidarsi. Perché non bisogna mai dimenticare che i confini attuali tra Israele e il mondo arabo, disegnati dopo la guerra dei sei giorni nel 1967, furono una scelta obbligata per spezzare un accerchiamento ostile e genocida da parte del panarabismo nasseriano che puntava alla cancellazione dello stato con capitale Gerusalemme. E non è che oggi la situazione sia cambiata granché. Anzi.
Dimitri Buffa
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