di Simone Collini
Si fa più drammatica la protesta di Marco Pannella contro la mancata elezione da parte del Parlamento di due giudici costituzionali. Al suo quarto giorno di sciopero della fame e della sete, il leader radicale ha deciso di bere le proprie urine. Per continuare a vivere, per continuare a protestare - ha detto con voce flebile nella sala stampa della Camera - «forse per altre 24 ore». Lo aveva annunciato già nei giorni scorsi che, se fosse stato necessario, non avrebbe esitato a bere quello che ha definito «il frutto del mio corpo».
Alle 11 di venerdì mattina, giunto alla novantesima ora di sciopero della sete, ha raccolto in un bicchiere le proprie urine e spiegando brevemente il senso del gesto e il motivo della protesta, le ha bevute davanti alle telecamere della tv di Stato. «Continuo a ritenere urgentissimo oltre che necessario - ha detto Pannella - interrompere la flagranza di un comportamento, e del Parlamento e, per omissione, del presidente della Repubblica, che è assolutamente criminogeno e fa certo più danni alla nostra società e a ciascuno di noi di quanto non lo possano fare le infamie dei terrorismi delle Brigate rosse». Un messaggio duro, accompagnato da immaggini quantomeno choccanti. Che nessun telegiornale all'ora di pranzo ha trasmesso. Ci ha pensato il Tg3 delle 19, dopo che nel pomeriggio Pannella aveva espresso la propria preoccupazione per quella che sembrava una vera e propria opera di censura. «Sottrarre all'opinione pubblica quel documento è operare attivamente perché le 24 ore di vita in più mi siano tolte», aveva sottolineato quando, nel pomeriggio, aveva appreso che il filmato sarebbe potuto rimanere «clandestino».
Intanto, se da più parti si invita il leadr radicale a porre fine alla sua protesta (come fanno Enzo Fragalà e Nino Lo Presti, di Alleanza nazionale), o a dirottarla verso un'altro obiettivo (come fa Mario Segni, secondo il quale «il vero problema di libertà e di difesa della democrazia è oggi l'informazione»), lo stallo prodotto nell'elezione dei due giudici mancanti della Consulta ancora non ha trovato soluzione. Si moltiplicano le proposte, le iniziative, le denunce anche. Come quella che arriva da Bruxelles, dove 64 deputati europei hanno avviato una procedura per appurare in sede comunitaria se l'Italia, con la mancata elezione dei due giudici, stia violando in modo «grave e persistente i principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali».