Quattro anni fa, con gran fanfara, Enel entrava nella telefonia. Per «competere sul mercato delle telecomunicazioni come operatore globale e valorizzare assets e competenze aziendali» (bilancio 1997), costituisce Wind alleandosi con Deutsche Telekom (Dt) e France Télécom (Ft), entrambe socie al 24,5%. Ma i guai cominciano subito: già nel '99 Dt flirta con Telecom Italia . Nel luglio 2000, Enel e Ft decidono di liquidarla, valutando generosamente 2,6 miliardi di euro la sua partecipazione, che corrisponde a 11 miliardi per Wind. Ft paga 2 miliardi, il resto Enel. Per Dt è una plusvalenza da 2,4 miliardi: non male come premio infedeltà. Poco dopo, Enel decide di comprare Infostrada per 8,2 miliardi; Ft non gradisce e non partecipa all'operazione. Così, quando Wind incorpora Infostrada, la partecipazione dei francesi si diluisce al 26,6%. Per digerire la fusione, Ft ottiene che i patti parasociali limitino l'attività di operatore globale di Wind, sottoponendo ogni inziativa in Europa al suo assenso; prevedano il collocamento in Borsa; e, in caso di disaccordi, le concedano un'opzione a vendere ( put ) a prezzi di mercato.
Oggi Ft, sommersa dai debiti, ha dichiarato l'intenzione di esercitare la put : un disaccordo è sempre possibile. Ha fatto intendere di valutare Wind 19 miliardi, corrispondenti a 5 miliardi per la sua quota. Un valore non casuale (corrisponde alla somma del prezzo pagato per Infostrada e della valutazione di Wind usata per liquidare Dt), ma difficile da spuntare alle attuali condizioni di mercato, visto che si parla di 12 miliardi per Cegetel , una società telefonica che fattura il doppio di Wind e ha un margine operativo di 1,7 miliardi (Wind ha appena raggiunto il pareggio operativo). Senza contare la saturazione del mercato italiano nel mobile e la concorrenza spietata di Telecom nella rete fissa e Internet. Ma Enel non può giocare troppo al ribasso, perché ammetterebbe implicitamente di aver strapagato Infostrada e Dt, e condizionerebbe negativamente il prezzo dell'annunciato collocamento in Borsa. Inoltre, non è pensabile scendere sotto i 13 miliardi, pari al valore contabile della partecipazione per Ft. Ipotizzando un accordo a metà strada, Ft incasserebbe 4,2 miliardi, con una plusvalenza di 1,3 (calcolata sui fondi effettivamente conferiti e i prestiti concessi a Wind). In totale, dunque, 3,7 miliardi di profitti per soci che si sono defilati subito, senza aver mai dato un contributo «strategico». Sarà felice lo Stato italiano, azionista di maggioranza Enel, che regala a due partner europei (Dt e Ft sono in mano pubblica) tutto il ricavato delle centrali elettriche Eurogen appena vendute. Beneficenza o europeismo convinto?