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Radicali transnazionali. Pannella riprende la guida del partito

Testo: 

Il leader storico eletto presidente-coordinatore «Basta divisioni, ora ricominciamo a lavorare»

DAL NOSTRO INVIATO
GINEVRA - Marco Pannella è stato eletto presidente-coordinatore del Partito radicale transnazionale che ha chiuso ieri a Ginevra la prima sessione del 38° congresso. Entro novembre si terrà la seconda fase e la vera conclusione del «congresso aperto». Nei prossimi mesi Pannella dovrà capovolgere la situazione. Con la collaborazione di quattro membri dell'ufficio di presidenza - Marco Cappato, Olivier Dupuis, Marco Perduca e Danilo Quinto - il «dittatore» dovrà elaborare un programma politico forte e risolvere i problemi di finanziamento (finora, sette miliardi di debiti).
Insomma, Pannella ancora una volta ha attirato su di sé fulmini e allori, risolvendo quella che si stava annunciando come una grave spaccatura. Si è rivolto più volte ai leader dello schieramento contrario all'allungamento del congresso (quindi allo stesso Pannella), il segretario uscente Olivier Dupuis e Benedetto Della Vedova, sottolineando che la divisione era basata «sul nulla». Quindi, compromesso e «rimettersi al lavoro».
Emma Bonino aveva proposto tre giorni fa di invitare Marco Pannella ad assumere la carica di coordinatore, dal momento che era «il migliore uomo al momento disponibile». E ieri Pannella, prima di dichiarare che accettava l'invito a caricarsi di tale responsabilità, ha ammesso che effettivamente, date le circostanze, si sentiva ben identificato dalla definizione della Bonino (che però ieri era assente per un impegno, fissato in precedenza, a Londra). L'impressione è che alla fine il Partito transnazionale è stato «restituito» nelle mani di Pannella, il quale attraverso gli otto uomini della Direzione politica straordinaria, pannelliani di ferro, in fondo aveva fatto capire che ci teneva. E dunque ora tutta l'autorità per decidere gli è stata ceduta. Ha detto: «Prometto che ogni giorno li sommergerò di cose da fare», riferendosi ai quattro uomini della Presidenza, «dovranno sconvolgere le loro agende». Ma ha anche prospettato un pesante programma di lavoro, del resto già anticipato e fatto proprio dal Congresso nella mozione finale: 1) un Satyagraha lungo un anno, che faccia diventare priorità nella comunità internazionale l'instaurazione della democrazia e della libertà; 2) il sostegno alla lotta per la libertà della Cecenia, dell'Uighuristan e del Tibet; 3) fare entrare Israele nell'Unione europea e fare pressione per l'instaurazione della democrazia in Tunisia; 4) rilanciare la campagna per la riforma delle convenzioni internazionali sulla droga; 5) operare per l'integrazione dei Paesi balcanici e caucasici nell'Unione europea e l'esportazione del sistema democratico in Asia; 6) reperire nuove fonti di finanziamento; 7) arrivare alla seconda sessione del congresso con almeno mille iscritti.
Insomma, il rilancio dell'«internazionale non violenta dello Stato di diritto» passa attraverso un lavoro immane di progettazione politica, di prassi dimostrativa nei vari Paesi dove i dissidenti soffrono e muoiono, e di invenzione di nuove forme di finanziamento. Lo slogan del Congresso è «Oppressi di tutto il mondo, unitevi». Ma se mancano i soldi, nessun obbiettivo è possibile. Al presidente-coordinatore il Congresso ha affidato i pieni poteri, di segretario e tesoriere.
Per Marco Pannella è un grande rischio. Ma per lui le sfide impossibili sono state sempre le più vitali.
Ottavio Rossani orossani@corriere.it

Data: 
Lunedì, 8 April, 2002
Autore: 
Fonte: 
CORRIERE DELLA SERA
Stampa e regime: 
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