Le brevi vacanze di Pasqua giungono a proposito per il governo Berlusconi. Gli ultimi giorni sono stati pesanti, un mini-ciclo davvero negativo costellato di errori e incertezze: dalla tragedia di Bologna ai commenti ironici sulla manifestazione della Cgil, alla vicenda semiseria dell'invito (fallito) ai sindacati per un ritorno al tavolo di Palazzo Chigi.
Fino alle dichiarazioni berlusconiane su «piazze e pistole» che non solo hanno creato sconcerto, ma hanno reso più compatto il fronte dei sindacati in vista dello sciopero del 16. Risultato. Per la prima volta, uno dei giornali stranieri più favorevoli al governo della Casa delle Libertà, il Wall Street Journal , ha pubblicato una severa analisi su ciò che succede a Roma. Che parte proprio dal punto cruciale, lo stesso su cui insiste il premier: le riforme sono necessarie e la flessibilità del lavoro costituisce una priorità irrinunciabile. Solo che il quotidiano americano rimprovera a Berlusconi di aver fallito laddove Bettino Craxi nell'84 aveva vinto: dividere i sindacati per far passare le riforme con l'appoggio di una parte di essi, ossia Cisl e Uil. Proprio come aveva fatto il presidente del Consiglio socialista nell'84, quando la revisione della scala mobile si fece isolando la Cgil.
L' opposto di quello che accade oggi sull'articolo 18. Il Libro Bianco sul lavoro poteva essere la base per incrinare l'asse sindacale e provare a staccare Pezzotta e Angeletti da Cofferati. Ma le cose sono andate in altro modo e il WSJ si chiede come sia stato possibile cementare fra loro tre confederazioni sindacali che erano divise fino all'altroieri. Come dire: gli obiettivi del governo sono giusti, ma è autolesionistico esasperare il clima sociale.
L'eco di questi giudizi è senza dubbio arrivata alle orecchie di Berlusconi, se è vero che da un paio di giorni il premier ha cambiato registro. Non c'è alcuna marcia indietro nel merito dell'articolo 18, né è prevedibile che ci sia in futuro, dato che Palazzo Chigi non intende ammainare la sua bandiera simbolica. Ma le critiche hanno lasciato il segno. Così anche ieri Berlusconi ha riproposto la linea del «dialogo» e del sorriso. Ma soprattutto, un po' a sorpresa, ha parlato di una corrente di «simpatia e di cordialità spinta» che lo legherebbe a certi esponenti del sindacato.
In altri termini, è cambiata la strategia mediatica. In attesa di cambiare anche l'approccio pratico. Magari recuperando la tattica più sofisticata suggerita dal WSJ . Il che significa gettare un ponte verso la Cisl e negoziare con maggiore astuzia. Quando? Senza dubbio non prima dello sciopero generale del 16 aprile. E senza sottovalutare che il canto del cigno di Cofferati, in procinto di lasciare la guida della rinvigorita Cgil, influirà ancora a lungo sui rapporti sindacali.
Nel frattempo il lancio del piano sanitario serve, nelle intenzioni del governo, a creare un diversivo e a suscitare una nuova corrente di consenso nell'opinione pubblica.
Sullo sfondo si delinea la soluzione di uno dei problemi più spinosi che avvelenano i rapporti istituzionali: il fatto che la Corte Costituzionale operi da tempo priva di due giudici di nomina parlamentare. Uno scandalo che Marco Pannella ha denunciato ricorrendo ancora una volta all'arma estrema: lo sciopero della fame e della sete. L'azione di Pannella è servita, anzi è stata risolutiva: come hanno riconosciuto tre presidenti emeriti della Consulta (Vassalli, Caianiello ed Elia). Pera e Casini garantiscono che entro il 21 aprile, anche a costo di procedere con sedute a oltranza, le Camere eleggeranno i due giudici.