Il popolo dei «girotondini» ieri ha stretto d'assedio le sedi Rai in tutta Italia in difesa del pluralismo e dell'informazione
Primo appuntamento il 23 marzo con la Cgil a Roma. Scuola, sanità e lavoro i prossimi obiettivi
IL GIROTONDO piace alla sinistra, più giocherellona e meno di sezione, a politici, registi, intellettuali e anche alla signora Costanza, che è come la casalinga di Voghera che forse poco sa cosa significhi conflitto d'interessi, ma sa bene come è andata a finire la storia dell'ospite di «C'è posta per te» o a che punto stanno le indagini di Cogne. Comunque sia, il girotondo «tira» e allora i fautori già lo propongono per altri obiettivi come scuola, sanità e lavoro, o, come invita il Pdci, a farlo il 23 marzo, nella manifestazione indetta dalla Cgil a Roma. Ieri saranno state pure migliaia le persone che hanno partecipato ai girotondi attorno alle sedi Rai delle principali città, in difesa del pluralismo dell'informazione, ma tolti i militanti di partito e i seguaci di Moretti, gli altri dicevano di volere una tv meno deficiente, più informata, più ricca. Ma quale tv, quella di ora, quella della gestione Zaccaria almeno fino all'elezione dei nuovi organigrammi o quella che sarà, ancora non vista? I politicizzati, come Moretti, hanno chiesto un «gesto forte e simbolico» (le dimissioni?) ai due rappresentanti del centrosinistra nel consiglio di amministrazione della Rai, a Trieste l'astrofisica Margherita Hack ha arringato la folla con un megafono mettendo in guardia contro «un regime che non usa l'olio di ricino ma il monopolio televisivo», a Milano c'erano Roberto Vecchioni e Eugenio Finardi, a Bologna Francesco Guccini, mentre a Firenze l'ex magistrato simbolo della lotta alla mafia Antonino Caponnetto è stato accolto con un tifo da stadio quando ha detto che «finchè l'informazione è in mano a gente come Berlusconi la libertà e la democrazia sono in pericolo».
Fassino a Roma ha detto di aver raccolto «la giusta sollecitazione di Moretti e di altri intellettuali per un'opposizione più decisa». Con Fassino c'erano Alfonso Pecoraro Scanio, Oliviero Diliberto, Enrico Franceschini, Rosy Bindi, Giovanni Berlinguer, Achille Occhetto.
Al girotondo di Bari si è fatto vedere Fausto Bertinotti, che ha spiegato di aver voluto portare la sua adesione perché «la Rai corre il rischio di essere imbavagliata». Ora l'opposizione guarda al futuro e progetta, ha spiegato il diessino Vincenzo Vita, una grande manifestazione nazionale sulla libertà di informazione. Presente al girotondo romano, l'ex direttore del Tg3 e ora direttore di Liberazione Sandro Curzi che non tralascia un rimprovero al centrosinistra quando constata «che il centrosinistra ha portato in basso questa Tv, ma ora con il centrodestra succederà di peggio».
Il centrodestra invita l'Ulivo a non scegliere la strada della piazza e a non drammatizzare. Il capogruppo di Forza Italia al Senato Renato Schifani dice che l'opposizione può essere serena: «Noi siamo diversi da loro perché vogliamo una Rai realmente pluralista e non al servizio della maggioranza del momento». Per il vice capogruppo dell'Udc alla Camera Peppe Drago la partecipazione al girotondo dimostra solo «un atteggiamento adolescenziale». Fa dell'ironia il responsabile comunicazione del gruppo di Forza Italia alla Camera Giorgio Lainati: «Si terranno in forma perché dovranno fare girotondi fino al 2006». Mentre l'esponente di An Landolfi sostiene che l'Ulivo scende in piazza perché «teme di perdere le rendite di posizione grazie alle quali è riuscito ad asservire la Rai». Dice il ministro Maurizio Gasparri: «Oggi fanno i girotondi contro la Rai, che li facciano anche intorno a Santoro. Per il pluralismo dell'azienda, dovremmo farlo noi il girotondo, ma per alcuni mesi».
Contro l'Ulivo si sono espressi anche i radicali, che hanno fatto una contromanifestazione di fronte Viale Mazzini: il loro segretario Daniele Capezzone sostiene che i girotondi non hanno alcun senso «perché vedono la partecipazione di gente che ha passato la vita a lottizzare e che oggi scende per strada a protestare contro la lottizzazione».
di SARINA BIRAGHI