Sabato sera dunque Roberto Zaccaria, smessi i panni del presidente di garanzia della Rai, si è esibito al Palavobis di Milano, nel suo primo comizio che giustamente Radio Radicale continua a mandare in onda perché Zaccaria, senza neppure accorgersene, è il personaggio della commedia politica che meglio esprime una nuova maschera italiana: quella del presidente di garanzia. Zaccaria è il gobbo che proietta sugli altri la gobba che nasconde e mal tollera su di sé. E' il fazioso che denuncia la faziosità altrui. E' l'arbitro per arbitrio che crede che tutti gli arbitri debbano necessariamente essere arbitrari come lui. Ebbene, questa parodia del presidente di garanzia, che sino a ieri era ricordato per i duetti con Gasparri dove i due, proprio come due compari, si legittimavano a vicenda - «lei non è super partes», «no, è lei che attenta alla libertà» -, insomma questo stesso Zaccaria che fu il prototipo del democristiano in Rai è oggi uno degli autocandidati (nientemeno) alla leadership della sinistra, uno dei nuovi campioni dell'Indignazione, con una idea giuridica forte che è anche una malattia della nostra storia, ed è un'idea da democrazia peronista: nessun presidente presiede, ma sempre interviene; la sola indipendenza che merita rispetto è quella di chi sta dalla nostra parte; non c'è miglior garanzia di una sana e consapevole faziosità.
Infatti per Zaccaria solo Zaccaria è stato un presidente senza avaria, un presidente veramente super partes, un presidente di garanzia, composto ed equilibrato, come dimostrano, ha detto, la satira di Luttazzi, i programmi di Santoro, e i libri di Travaglio, che Zaccaria adesso cita a memoria. E ovviamente è stato facile, persino per lui, prendere di petto Antonio Baldassarre che, nominato alla Rai da Berlusconi, sicuramente esprimerà, come tutti gli altri presidenti nella storia della Rai, la filosofia del partito di appartenenza e della maggioranza. Con l'aggravante, questo giro, dell'irrisolto conflitto di interessi, che rende l'antica e istituzionale faziosità della Rai più pesante, e potrebbe un giorno farci rimpiangere anche il nostro Zaccaria, e la sua faziosità, grottesca ma «più debole». Alla Rai, presidenti e direttori generali, sono sempre stati amministratori di informazione per conto del governo, veri e propri sottosegretari di Stato alla Televisione.
Ma Zaccaria ha evitato di guardarsi nello specchio per vedervi riflesso Baldassarre. Un politico, e non un Indignato, si augurerebbe per Baldassarre un cammino inverso a quello di Zaccaria: se questo si è impasticciato nell'appartenenza, quello potrebbe liberarsene. Chissà. Zaccaria invece si è buttato nella foga comiziale, lasciandosi progressivamente andare. Ha denunciato, tra gli applausi, anche un sodalizio losco di Baldassarre con Cesare Previti. E ha avvisato gli italiani che «Baldassarre metterà il silenziatore alla libertà d'opinione», mentre invece la sua Rai era «libera e pluralista», e Carlo Freccero ne era l'Aristotele e il San Tommaso, «un grande uomo e grande intellettuale che ha scritto pagine indimenticabili». L'equilibrato ex presidente super partes, sulle ali di un narcisismo euforico, ha suonato le trombe della riscossa, passando da un «oggi si volta pagina» a «indigniamoci insieme» e «l'indignazione è la nostra dignità». Dove Freccero, se davvero è buon maestro di Zaccaria, invece di sottoporlo alla lettura di una delle sue indimenticabili pagine, potrebbe ora sunteggiargli la bibliografia sull'indignazione, a partire magari dall'aforisma di Franco Fortini, che fu un'intelligenza non accomodante della sinistra: «L'indignazione è la morale dei terroristi».
Francesco Merlo