«Ai ragazzi del Tasso e a quelli "no global" fa paura una cosa: stare bene e quindi ambire alla felicità.
E' la stessa condizione vittimistica e moralistica e fascinosa dell'essere contro, quella che ha attraversato molte generazioni, che oggi costringe le ragazze più sensibili a una recita noiosa accanto a maschietti che la loro rivoluzione purtroppo la tirano fuori dalla tasca insieme alle cartine Rizla.
Quanto noiosi e imbarazzanti sono quei tentativi da parte dei padri scrittori e giornalisti di convincersi che le ragioni di questo movimento "no global" si trovano in un territorio franco la cui incollocabilità garantisce la sua credibilità.
Peccato che questa sia solo una convinzione sbagliata: i giovani no global sono collocati invece in quel solito spazio politico, emotivamente importante, che ha sempre avuto il compito di proteggere e consolare le deficienze e le povertà intellettuali di chi non conosce il coraggio e la capacità di mordere veramente il mondo.
Ma fortunatamente le cose non stanno solo così. Esiste in Italia una maggioranza silenziosa di ragazzi e ragazze che non vuole ancora riconoscersi in un movimento, che studia, lavora, inventa e sogna con pericolosa capacità strategica un paese di gente che sorride, di sessualità libere e complesse che non debbano essere difese in piazza come vogliono costantemente i fondamentalisti isterici del Gay Pride; che si droga privatamente senza il vizietto di fare di questa scelta una posizione politica, che crede nella scienza e nel progresso scientifico senza confondere la clonazione terapeutica con quella riproduttiva, che vuole impedire che a minoranze rumorose sia indebitamente attribuita la titolarità esclusiva della rappresentanza del "mondo giovanile".
Esiste un mondo di ventenni che entrano nel mercato del lavoro, e devono versare il 30 per cento del proprio stipendio lordo in contributi per pagare la pensione di anzianità a un 53enne (che nel frattempo continuerà a lavorare in nero); esistono molti trentenni che nell'artigianato e nell'imprenditoria hanno investito per costruire un nuovo modello di qualità del lavoro e della vita; esistono migliaia di operatori culturali che nelle loro città hanno fatto delle arti il loro motivo di soddisfazione e di impegno: tutti costoro sono e restano senza volto e senza voce, oscurati dal baccano e dalle chiacchiere dell'ultimo occupante del Tasso.
Quelli di cui sto parlando sono i GIOVANI GLOBAL, un movimento di ragazzi soli, laici, tecnologici, esteti, profetici, contenti, sorridenti, amanti, non violenti, generosi, disobbedienti.
E' possibile che nessun esponente politico, eccetto il radicale Daniele Capezzone, abbia capito il valore altrettanto politico che ci sarebbe rappresentando le istanze e i desideri e magari anche i torti della Generazione I, quella italiana, che nel lavoro e nel divertimento riconosce se stessa?
E' possibile che né Forza Italia, né An, né Piero Fassino sappiano decifrare i loro stessi elettori più giovani, offrendogli la possibilità di una visibilità politica che non solo gioverebbe a chi la sostiene, ma metterebbe seriamente in crisi, a partire dai numeri, i giovani no global?
Noi siamo la risposta veramente rivoluzionaria ai giovani di Rifondazione Comunista, dei Verdi e delle associazioni laiche e cattoliche.
Perché non abbiamo mai avuto il bisogno della dimensione collettiva per cambiare le nostre vite, per ribadire le nostre scelte, per manifestare le nostre libertà.
Perché, fortunatamente, quelli che tra noi sono più a sinistra, pensano che la nuova sinistra oggi sia cominciare a imparare a dividere il governo del paese dal governo delle idee.
Perché per molti di noi la scelta di simpatizzare per Berlusconi alle ultime elezioni, ma soprattutto per ciò che lui rappresenta, è stato un tentativo di mandare un messaggio alla cultura e alla sinistra democratica: noi la pensiamo come voi, ma non ci fidiamo di voi.
Perché oggi è possibile ascoltare Ivano Fossati e intrattenersi davanti alla indiscutibile utilità della tv deficiente. E' possibile vantarsi perfino della propria trasversalità.
Ci batteremo quindi soli e da soli contro quella "disobbedienza" di sinistra, che, invece, non è altro se non il nome che si dà alla nuova e vecchissima obbedienza delle minoranze rumorose a un ottuso conformismo anti-liberale, anti-individualista, anti-occidentale.
Disobbedire oggi a chi chiede di esserci occupando, manifestando, scendendo in piazza, gridando e protestando, è un gesto di obbedienza alle ragioni della felicità, che è l'unica rivoluzione che migliora le coscienze e le intelligenze.
I GIOVANI GLOBAL dichiarano la loro scesa in campo. Le soubrette televisive e le prostitute sono con noi, gli ingordi e i sostenitori dei cibi transgenici pure, i fan club dei Bluvertigo e dei Depeche Mode ci appoggiano, Giulio Base e molti altri registi faranno un film sulla nostra breve storia politica e per ora non siamo né di qua né di là. Siamo da un'altra parte. Prendeteci!»