Un incubo per una coppia affetta da talassemia la sentenza emessa a Catania che ha stravolto la loro vita
Secondo il magistrato l'applicazione della legge 40 vieta di selezionare gli ovuli
ROMA Parlano della loro storia come di un «incubo», ma ad arrendersi non ci pensano nemmeno. Anzi, adesso aspettano di sapere quale sarà l'esito dell'appello che hanno presentato contro la sentenza del giudice monocratico di Catania che ha stravolto la loro vita. Pronti a dare battaglia, perché alla possibilità di avere un bambino «sano» non vogliono rinunciare. Trentacinque anni tutti e due, lei insegnante di sostegno, lui impiegato statale, vivono a Lecce, in Puglia.
Entrambi sono portatori sani di talassemia e per questo, prima di ricorrere alla fecondazione artificiale, avevano chiesto al giudice Felice Lima di Catania di poter selezionare gli ovuli da impiantare, per evitare rischi di malattia per il bambino. Possibilità che il giudice, seguendo la legge 40 sulla procreazione assistita, ha invece negato. «Siano rimasti choccati da questa sentenza, che noi conoscevamo già da tempo anche se solo ora è stata pubblicata sui giornali», racconta lui. «Specialmente mia moglie è rimasta malissimo. Ha perduto anche il bambino. Il feto non ha attecchito».
La speranza di avere un figlio nasce tre mesi fa quando la coppia si rivolge al centro Hera di Catania per il trattamento di diagnostica genetica preimpianto. La loro è una corsa frenetica contro il tempo, visto che proprio in questi giorni a Roma si stava approvando la legge 40. «E' una legge atroce. Pensavamo di farcela - racconta lei - in quanto pensavamo che la legge uscisse ad aprile. Poi, invece, fu promulgata d'urgenza, uscì a marzo e io avevo già cominciato la terapia. Questo un po' ci ha spiazzati. Ho deciso di portare avanti tutto, poi durante la stimolazione ho chiesto al dottor Guglielmino (il medico curante, ndr.) di non farmi l'impianto dell'embrione malato, nel caso in cui ce ne fosse stato uno. Da lì è partito tutto il ricorso». Nella loro condizione di portatori sani di talassemia, hanno voluto tentare il tutto per tutto per avere la certezza di avere un figlio sano: «Mi sembrava pazzesco - prosegue la donna - che potessi essere obbligata a ricevere un embrione malato. Speravo capissero, anche perché io ho avuto tre aborti precedenti e una gravidanza extrauterina, in cui ho rischiato di morire».
La vicenda ha riacceso le polemiche sulla legge, per abrogare la quale i radicali hanno proposto un referendum e raccolto finora 70 mila firme. «Il caso Catania - ha detto Emma Bonino - dimostra che la via giudiziaria alla scelta non è percorribile, così come invece avevano voluto far credere coloro che approvarono questa scelta sbagliata».
D'accordo il leader dei Ds Piero Fassino, che ha parlato di legge «ingiusta» e «offensiva per le donne e i cittadini».
«Chiedo al governo e a tutti quei parlamentari che hanno approvato le nuove norme in materia di fecondazione assistita, molti dei quali chiedono in questi giorni il voto per le elezioni europee, quante altre vittime dovrà mietere questa legge prima di essere modificata?». Lo afferma polemicamente Alessandra Mussolini, leader dell'alleanza elettorale per le europee «Alternativa sociale», commentando la sentenza che ha vietato gli esami di un ovulo a rischio di talassemia prima dell'impianto nell'utero.
«Ci troviamo - sostiene ancora la parlamentare - in una palese quanto odiosa violazione dell'art.32 della Costituzione nel totale e colpevole silenzio di Sirchia, incapace di tutelare la salute dei cittadini, e della Prestigiacomo, completamente inadeguata a rappresentare le esigenze dei soggetti deboli».
Critiche arrivano dai medici. Per la Federazione degli ordini dei medici, la «sentenza impone un'attenta riflessione sull'opportunità di apportare correzioni alla legge 40». L'Ordine dei medici della Sicilia si è detto pronto a raccogliere tra i suoi iscritti firme per il referendum abrogativo.
Carlo Lania