Nell'arco della loro lunga vicenda politica, i radicali italiani hanno proposto esattamente 145 referendum abrogativi, di cui - come viene ricordato nel loro sito ufficiale - diciassette sono stati vinti, nove persi, venti non sono stati dichiarati validi per mancanza del quorum, 48 sono stati bocciati dalla Corte costituzionale, 43 non hanno avuto le firme necessarie, otto non hanno avuto luogo per altri motivi istituzionali. Queste cifre permettono di conferire ai radicali il primato e il merito di aver portato in auge nel nostro Paese il più genuino strumento di democrazia diretta, anche se è giusto ricordare che i grandi cambiamenti strutturali di una società complessa come quella italiana non possono essere assicurati ricorrendo un giorno sì e l'altro no ai banchetti per la raccolta delle firme. Piuttosto, sarebbero opportune manifestazioni di iniziativa politica più concrete.
Sorprende, perciò, che proprio un movimento politico come quello radicale si mostri in questi giorni terribilmente tiepido nei riguardi di una proposta referendaria, quella che mira alla modifica dell'attuale legge elettorale, che fra le tante e non spesso felici "incursioni" referendarie di Pannella e compagni ci appare, invece, come l'unica capace di smuovere dal basso lo stagnante mondo politico, ancora incapace di partorire una nuova legge elettorale all'altezza delle necessità e largamente condivisa.
Meraviglia ancora di più che i radicali, che pure fanno parte dell'attuale, confusa e ingarbugliata maggioranza, non abbiano ancora fatto sentire all'interno di essa la loro presenza di partito movimentista e al di fuori delle regole, continuando di fatto a galleggiare con gli alleati nel mare dell'immobilismo e nonostante il meccanismo elettorale con cui fu partorito nell'aprile 2006 l'attuale Parlamento abbia loro negato una legittima rappresentanza al Senato.
Va ricordata a questo proposito la penosa scena del Marco Pannella rumoroso protestatorio, ma pur sempre protagonista della storia politica nazionale, allontanato senza riguardi dall'aula di Palazzo Madama dai commessi, per ordine di uno stizzito e rancoroso Oscar Luigi Scalfaro, presidente pro tempore in attesa di quello legittimo ancora da incoronare.
Certo, in risposta all'accusa di tiepidezza nei riguardi del referendum elettorale i radicali potrebbero opporre ragioni di opportunità politica e di lealtà nei riguardi della maggioranza e, infine, di difesa del bipolarismo. Ma non può sfuggire loro che a sostegno del referendum ci sono forze altrettanto bipolariste come Alleanza nazionale, che tuttavia sostengono l'iniziativa non fosse altro che per smuovere la maggioranza dormiente, di cui i radicali fanno parte e all'interno della quale frange minori difendono a oltranza il proporzionalismo e il primato delle segreterie politiche di scegliere i cosiddetti rappresentanti del popolo al posto del popolo stesso.
Ci viene il dubbio, detto questo, che la "disattenzione" dei radicali nei riguardi del referendum elettorale abbia, tutto sommato, ragioni interne, riconducibili alla "variabile Capezzone” che da qualche tempo sconvolge la vita del partito di Pannella e Bonino impegnando Pannella stesso in prima persona. Capezzone, estromesso nei giorni scorsi dal palinsesto della radio radicale, non a caso è un sostenitore del referendum elettorale e in questi ultimi giorni attraverso un suo sito "Decidere.net" va proponendo tredici "cantieri" di iniziativa politica, di fatto surrogandosi a un movimentismo alquanto spento del partito in cui continua militare, in attesa di un'espulsione che riteniamo non del tutto lontana.
A Capezzone Pannella ha rivolto ironici auguri, ricordandogli che «almeno dieci dei tredici punti sono sicuramente attribuibili al pensiero e all'azione del movimento radicale», ma di referendum elettorale nei chilometrici comunicati del partito e nel ricco sito ufficiale non si fa cenno. Si parla di tutto, dall'anagrafe pubblica delle attività dei parlamentari alle pensioni, dalla riforma liberale del Parlamento-casta all'allestimento di un network per una grande riforma radicale, parlamentare e democratica, ma nessun riferimento al referendum che in questi giorni sta vivendo le ore decisive per la sua presentazione ufficiale.
Insomma, appare sempre più chiaro proprio ciò che di meno ci si sarebbe potuto attendere dai radicali: il loro allineamento sulle posizioni di chi, diessini in testa e Margherita al seguito, con sinistra radicale come contorno, che mentre mettono le mani avanti dichiarando di non voler contestare la matrice liberista che di solito ispira l'istituto referendario, sostengono che la riforma elettorale va tuttavia governata e non lasciata alla roulotte di leggi prodotte dai referendum. Intanto la riforma la maggioranza al governo non la porta avanti, Romano Prodi continua a vivacchiare, il Paese va sempre di più alla deriva, l'Europa ci boccia a giorni alterni, mentre è alta solo la mobilitazione per evitare, con una nuova legge, una consultazione elettorale che vedrebbe clamorosamente battuta l'Unione. Vuoi vedere che il vero, nuovo radicale è proprio Daniele Capezzone?
Commenti
Autenticità.
Difatti questo sospetto, riguardo all'essenza del vero radicale, ultimamente, mi sta venendo sempre più spesso, d'altronde, se un Pannella ascolta di più un ex terrorista di Prima Linea, D'Elia, mai pentito, invece di una persona, Capezzone, che tutta la sua trafila politica l'ha svolta alla sua ombra, allora i forti dubbi finali dell'articolista del Secolo d'Italia assumono un fondamento sempre più consistente e reale.
Daniele