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(S)COMUNICANDO - Da Corona a Capezzone

Testo: 

Cattiva maestra televisione, come dice Karl Popper, oppure cattivi maestri i politici, i giornalisti, gli addetti all'informazione, agir show? Non è mai cattivo in sé ogni strumento che comunica e ci informa/diverte. Né, per tagliare la testa al toro, è più possibile fare a meno della TV: essa è, punto e basta. E chi non va in Tv, e fa politica, non esiste, non c'è. Ma se questa ferrea disposizione, peraltro non scritta, sembra ormai entrata nella consapevolezza generale,......vale la pena porre la nostra attenzione all'uso della Tv e, soprattuto ai suoi effetti, quelli che chiameremmo da eterogenesi dei fini.

Prendiamo due casi, uno non politico come quello di Fabrizio Corona e l'altro, totus politicus, di Daniele Capezzone. Sembrano casi distinti e distanti se non fosse che il medium, TV o Radio (Radicale) li intreccia e, a modo loro, li spiega. In una meritoria, diciamocelo per questa volta, puntata di Matrix, Enrico Mentana ha avuto il coraggio, e uso questa parola non a caso, a svolgere un tema che non sempre gli anchor man se la sentono di fare.
Il tema era: quando una vicenda giudiziaria (Caso Corona) è incardinata in tutti i suoi profili, compresi quelli penal-processuali, sull'uso e l'abuso dei media (Foto, TV ecc.), è legittimo sviscerarne i meccanismi, anche a costo di svolgere un controprocesso, una controistruttoria in diretta, magari alla presenza di un ex Pm (e che Pm) come Di Pietro? In altri termini, perché non dovrebbe essere consentito a Corona di replicare con i suoi argomenti cavalcandone spregiudicatamente gli effetti, cercando di smontare il circo Barnum fotografico e pseudoricattatorio dei vari Lapo, Totti, Vento, Mora, Sircana, Yespica e chi più ne ha più ne metta? Perché, in fondo, la vera aula di tribunale per simili tematiche, poco alte per Gramel-lini e Di Pietro, ma fonte di vita e di guadagni per Corona, rimane il set, lo studio televisivo, Matrix. Non c'è stato niente da fare, davanti alla crescente irruenza di un Corona ben preparato sulle carte ("Che dicono le carte, cosa c'è dopo PQM?" insisteva il Di Pietro, ma scarsamente incisivo ancorché progressivamente prudente, quasi simpatico). La controistruttoria ha proceduto inflessibile a volte entusiasmante (pensate un po') nella misura in cui lo scenario si svelava con le reiterate, convinte, tese giustificazioni di un professionista dell'obiettivo che distingue fra ricatto e trattativa e, infine, mette il dito sul nervo scoperto: il potere forte Fiat per via di Lapo Elkan e il potere politico per via delle foto di Sircana. La mediatizzazione della giustizia ha trovato il suo regolatore/giustiziere e la sua collocazione, non in carcere ma fuori.
Innocente o colpevole? Lo diranno i processi, ha chiarito un tiepido colpevolista Di Pietro.
Ma lo spettatore ha capito che non ci sono colpevoli, non ci sono innocenti, se tutto è show, se tutti lo vogliono e se chi lo trasmette obbedisce alla stessa regola del guadagno, dell'audience. C'è sullo sfondo di un paese in cui Vallettopoli vendica Tangentopoli rischiando di diventare un boomerang per una giustizia che si illudeva di moralizzare un settore che è lo spaccato più vero dell'Italia 2007. E di cui Corona è il figlio migliore o peggiore a seconda dei casi. Ma sempre figlio è.

Per Capezzone invece, che pure è figlio (politico) di Pannella il medium di Radio Radicale è stato impedito. Bordin ha deciso di espungere Daniele dalla Domenica di Radio Radicale, che non sarà più come prima. Ora, il fatto più paradossate è che Corona può difendersi e attaccare da Matrix, mentre Capezzone ha il bavaglio, che non è più quello emblematico dei radicali d'antan in Rai, ma una censura. Si dirà: a Capezzone si offriranno altre chance comunicative, altri network, altri media. Ma questa della proibizione di Radio Radicale non è nello stile radicale. Capezzone è anche lui un figlio di quest'Italia politica, forse uno dei migliori. Di certo era, è, l'erede naturale di Marco Pannella.
"Ucciderlo" nella culla spiega purtroppo la logica alla rovescia di una politica invecchiata e gelosa che finge di fare proprio il motto "Largo ai giovani" (vero Luca Josi?), ma poi preferisce il cinismo di Don Benedetto (Croce): compito dei giovani è quello di invecchiare.

Data: 
Sabato, 30 June, 2007
Autore: 
Paolo Pillitteri
Fonte: 
L’Opinione
Stampa e regime: 
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Commenti

Bravo come sempre il nostro Pillitteri, sia su Corona che, detto tra noi, candiderei fin da subito alle prossime politiche del 2008 con i radicali, che su Capezzone il cui caso dimostra in maniera ineccepibile, quasi quasi mi commuovo, che le mie analisi passate sulla non democraticità del soggetto politico radicale erano esatte semmai, l'unica cosa che mi rattrista in tutto questo è il tramonto politico ed umano di, parole di Capezzone stesso, un Grande della Repubblica italiana che si chiama Marco Pannella.
PS. Se trovo su internet il manifesto giovanilista di Luca Josi, altra mente bella lucida, lo firmo subito, adesso, ora, della serie "Basta con i vecchi e largo ai giovani", Zapatero, Cameron, Sarkozy docet.
Daniele